Io, bambino tra i grandi

 

(Nella foto la famigli di papà il giorno del matrimonio di mamma e papà)

Nell’agosto del 1987 nonno Angelo aveva da poco compiuto 80 anni, mamma era all’ottavo mese di gravidanza, aspettava me.

Nonno Angelo, padre di mio padre, percosse con il bastone i 200 mt che dividevano casa sua da casa di suo figlio per chiedere a sua nuora una promessa: “se nasce maschio vorrei che lo chiamassi come me Angelo Raffaele, che gli altri figli non me l’hanno data questa gioia”.

Il 21 settembre mamma mantenne la promessa fatta al suocero chiamandomi Angelo Raffaele proprio come lui ma, per distinguermi dagli altri due, decise che mi avrebbero chiamato con il secondo nome: Raffaele.

Gli altri Angelo erano già grandi quando sono nato, Angelo di zia Franca aveva 28 anni, Angelo di zio Franco 19, io sarei stato Angelo di Mingucc e forse per un breve periodo e per nonno lo sono stato.

Sono nato in una famiglia di grandi, mi sono dovuto adattare ed ho dovuto sgomitare per essere grande anche io.

Ero l’ultimo dei nipoti, il grande era Emanuele tra me e lui 32 anni di differenza, tra lui e papà solo 12 anni.

Da bambino la gente non capiva che Emanuele era mio cugino, tutti credevano fosse mio zio quando mi portava con lui in giro per macellerie e rosticcerie.

I pranzi in campagna non erano pranzi ma scene di cabaret ed io lì mi divertivo e mi sentivo grande.

Emanuele era brontolone e scontroso ma dicono non fosse stato sempre così. Arrivava a pranzo quando tutti avevamo già finito, zia Franca, la matriarca, gli copriva il piatto con un altro piatto per tenerglielo in caldo. Angelo era ironico, sarcastico e splendido: era il mio mito. Battibeccavano sempre, si pungevano, si stuzzicavano, ed io ridevo, mi divertivo. Nicola invece si dileguava subito dopo aver mangiato. Era ed è veloce Nicola, mangiava veloce, pensava veloce.

Dopo pranzo andavamo alla Gulf a comprare i gelati, cremino, cucciolone, cornetto algida o croccante per tutti, a volte mi portavano con loro al mare, senza costume solo con gli slip. E quanto ho corso in bicicletta lo so solo io.

Emanuele, Angelo e Nicola “l’ wagliun” i ragazzi così li chiamavano, così li chiamano ancora papà e zia Maria. Papà ha sempre avuto un occhio di riguardo per loro perché avevano perso il padre quand’erano ragazzi. Forse ha fatto il padre più con loro che con me, che con noi.

Ora sono grande, non devo più sgomitare, la vita ha preso altre strade e, pur non volendolo, ci siamo persi di vista. Zia Franca non c’è più da 12 anni, Emanuele manca da 4 anni, morto un po’ come ha vissuto velocemente.

Eppure quegli anni mi mancano, mi manca quello che eravamo e quello che ero, mi mancano le liti, i pranzi e le macchiette, mi manco io bambino tra i grandi.


Commenti

Post popolari in questo blog

Torta salata porri e salsiccia

Io, Montescaglioso e Parma